25 Feb Danno morale: è arbitrario calcolarlo discontandosi dalle tabelle milanesi senza una congrua motivazione
Nuovo giro di vite della Corte di Cassazione in tema di danno morale.
Come è noto ai più, la Suprema Corte ha ormai da tempo stabilito che i parametri delle Tabelle di Milano sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e verifica di quella di inferiore ammontare cui sia diversamente pervenuto, sottolineandosi che incongrua è la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l’adozione dei parametri esibiti dalle dette Tabelle di Milano consente di pervenire (v. da ultimo Cass., 20/5/2015, n. 10263).
L’interpretazione data a tale orientamento, è stata quella di ritenere che le tabelle milanesi debbano essere sempre prese in considerazione nella quantificazione monetaria della invalidità permanente residuata in capo al danneggiato. Di contro, l’attenzione si è poco focalizzata invece sulle modalità di quantificazione del danno morale che rappresenta una voce risarcitoria che va a completare l’intero danno non patrimoniale.
Ebbene, con la sentenza n. 2167 del 4 febbraio 2016, gli ermellini hanno precisato che le tabelle milanesi rappresentano il criterio guida anche relativamente alla quantificazione del danno morale che dunque deve essere liquidato così come in esse previsto. Non è precluso al giudice il discostamento dalle predette tabelle (così come del resto non è precluso neppure in ordine alla quantificazione del danno biologico), tuttavia in tal caso, è necessario che nella sentenza vengano chiaramente espressi, in maniera stringente e completa, sia i motivi del discostamento, sia i diversi criteri utilizzati ai fini della liquidazione del danno morale. Una liquidazione del danno morale differente da quella prevista nelle tabelle del Tribunale di Milano e priva di adeguata motivazione, è da ritenersi del tutto arbitraria e dunque censurabile in sede di ricorso per cassazione. Ha infatti osservato la Corte, che in sede di appello il collegio giudicante “non ha poi dato invero adeguatamente conto dei criteri posti a base del procedimento valutativo seguito per addivenire all’adottata liquidazione, omettendo in particolare qualsivoglia indicazione in ordine al parametro standard adottato, a come sia stato individuato e quali siano i relativi criteri ispiratori e le modalità di calcolo, all’incidenza al riguardo assegnata alla considerazione dei (soli) parametri “dell’età e della gravità della lesione alla integrità psico-fisica dell’attrice”, e in particolare al coefficiente di abbattimento in funzione dell’età e all’adottato criterio di variazione del risarcimento in funzione della gravità del danno, nonché alle ragioni della mancata considerazione di altri parametri ai fini del discostamento in diminuzione dal dato esibito dalle Tabelle di Milano”.
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