19 Mag Dipendente Disobbediente: Solo risarcimento in caso di licenziamento illegittimo
Si al risarcimento del danno e non anche alla reintegra per il lavoratore licenziato ingiustamente per essersi sottratto alla mansione rifiutandosi perfino di eseguire l’ordine di un superiore!
In tali casi, infatti, secondo i Giudici di legittimità – Sentenza n. 31529 del 03/12/2019 – pur in caso di licenziamento giudicato sproporzionato rispetto al fatto contestato al lavoratore, si ha unicamente diritto ad un’indennità economica a titolo di risarcimento. Ciò in quanto la condotta addebitata al lavoratore non è attribuibile alla mera “trascuranza nell’adempimento degli obblighi contrattuali” rientrante invece, tra le ipotesi per cui il CCNL prevede una sanzione conservativa.
In altri termini, il lavoratore che assume comportamenti punibili con la semplice sanzione conservativa (rimprovero scritto, multa, ecc.), non può essere reintegrato in servizio se le condotte stesse non sono esplicitate all’interno del Contratto Collettivo. Il Giudice, dunque, non può disporre la reintegrazione sul posto di lavoro operando un’estensione delle condotte descritte dal CCNL.
Proprio sulla base di tali considerazioni, i Giudici di legittimità hanno respinto il ricorso del lavoratore ed escluso la reintegra sul posto di lavoro, riconoscendo allo stesso esclusivamente una tutela indennitaria. Nel caso in concreto, l’accertato rifiuto di eseguire un ordine impartito dal superiore gerarchico non può ritenersi riconducibile nell’ipotesi, tipizzata dal CCNL, della “trascuranza dell’adempimento degli obblighi contrattuali e di regolamento interno”, ed il giudizio di proporzionalità tra infrazione e sanzione è stato, pertanto, affidato alla valutazione del Giudice.
In definitiva dunque, qualora vi sia sproporzione tra sanzione e infrazione, va riconosciuta la tutela risarcitoria se la condotta in addebito non coincida con alcuna delle fattispecie per le quali i Contratti collettivi ovvero i Codici disciplinari applicabili prevedono una sanzione conservativa.
In tal caso, quindi, il difetto di proporzionalità ricade, difatti, tra le “altre ipotesi” di cui all’art. 18, co. 5 della L. n. 300/1970, successivamente modificato dall’art. 1, co. 42, della L. n. 92/2012: ipotesi, queste, in cui non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento.
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