16 Set Legittimo l’utilizzo di agenzie investigative per verificare il reale stato di malattia del dipendente.
La Cassazione con ordinanza n. 11697 del 17.06.2020 afferma che il datore può legittimamente far seguire da un’agenzia investigativa il dipendente in malattia, al fine di verificare se lo stato di salute del dipendente risulta realmente tale da inficiare la capacità lavorativa dello stesso.
Ciò in quanto, a ben vedere, in tal caso non si verte in ipotesi di controllo datoriale circa l’esecuzione della prestazione ma, invece, di verifica e controllo di un comportamento extra lavorativo illecito, fondata sul sospetto del mancato svolgimento illegittimo dell’attività lavorativa per l’insussistenza della incapacità lavorativa.
Pertanto, la legittimità della condotta trova il suo fondamento nella circostanza che viene posta in essere per verificare l’esatto adempimento delle obbligazioni facenti capo al dipendente con riguardo a comportamenti tenuti al di fuori dell’ambito lavorativo disciplinarmente rilevanti (ex plurimis, Cass. n. 12810 del 22 maggio 2017).
Ed infatti, in tutti quei casi nei quali il datore di lavoro sia indotto a sospettare che il mancato svolgimento dell’attività lavorativa sia riconducibile alla perpetrazione di un illecito – anche il solo sospetto o la mera ipotesi che un illecito sia in corso di esecuzione – è giustificato l’espletamento del controllo (sul punto, fra le altre, Cass. n. 848/2015) non rilevando, peraltro, la circostanza che si tratti di infortunio sul lavoro e non di assenza per malattia e, quindi, non fosse richiesta reperibilità ed esperibile visita fiscale.
Evidenzia sul punto la Corte, richiamando consolidata giurisprudenza di legittimità, che le disposizioni di cui all’art. 5 della legge 20 maggio 1970, n.300 – in materia di divieto di accertamenti da parte del datore di lavoro sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente e sulla facoltà dello stesso datore di lavoro di effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti – non precludono al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato d’incapacità lavorativa e, quindi, a giustificare l’assenza.
Nel caso in esame gli Ermellini hanno ritenuto che gli accertamenti espletati non avevano una finalità di tipo sanitario – sicuramente preclusa – essendo, diversamente, volti a rinvenire comportamenti disciplinarmente rilevanti tenuti al di fuori dell’ambito lavorativo.
Ne discende la legittimità dell’accertamento effettuato anche mediante controlli di tipo investigativo non attenendo gli stessi allo svolgimento dell’attività lavorativa stricto sensu, bensì, all’insussistenza di una situazione atta a ridurre la capacità lavorativa del dipendente.
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