21 Ott La misurazione della temperatura corporea come misura anti Covid-19: la pronuncia del Garante Privacy Belga

L’Autorità belga per la Protezione dei Dati Personali si è pronunciata, con un recente comunicato pubblicato il 5 giugno 2020, in merito al tema della misurazione della temperatura corporea, nell’ambito delle misure di prevenzione del rischio da contagio da COVID-19.

Nei casi di applicazione della misura di rilevazione della temperatura corporea per la prevenzione del rischio da contagio da COVID-19, l’Autorità belga ha effettuato una prima distinzione tra l’attività di misurazione della temperatura corporea che non comporta operazioni di trattamento di dati personali e che, pertanto, non sono soggette all’applicazione del GDPR e l’attività che, per i diversi strumenti utilizzati, da luogo ad attività di trattamento di dati personali. Di fatti, per l’Autorità in questione una semplice rilevazione della temperatura mediante termometri tradizionali, senza che alla stessa segua alcuna registrazione, non dà luogo ad alcun trattamento di dati personali. Si tratta, evidentemente, di ipotesi non frequenti, che potrebbero, ad esempio, verificarsi nel caso in cui il datore di lavoro intenda predisporre rapporti anonimi, volti ad indicare le percentuali di persone con temperatura elevata, senza, in ogni caso, che sia possibile stabilire un collegamento con le persone oggetto della misurazione, rendendole in tal modo identificabili. A diverse conclusioni giunge, invece, l’Autorità belga nel caso in cui alla misurazione della temperatura faccia seguito un’attività complementare di registrazione del dato rappresentato dalla temperatura corporea rilevata, o anche solo di formazione di un dossier, volto a documentare le ragioni che hanno giustificato il mancato accesso presso i locali del titolare: in tal caso, per l’Autorità, si applica certamente il GDPR e si pone inevitabilmente il problema dell’individuazione della relativa base giuridica.

All’analisi delle modalità di rilevazione della temperatura corporea e dei relativi effetti sul piano dell’applicazione della disciplina del GDPR, segue una disamina delle basi giuridiche, che potrebbero essere prese in considerazione per la liceità del trattamento. A tal proposito, l’Autorità rileva come, con specifico riferimento ai casi di misurazione della temperatura corporea, la manifestazione del consenso potrebbe risultare problematica, in quanto potrebbe non essere espressa liberamente. Inoltre, l’Autorità esorta a riflettere sull’effettiva necessità del trattamento del dato rappresentato dalla temperatura corporea: tale trattamento, infatti, anche in considerazione della pluralità dei sintomi connessi al COVID-19, potrebbe essere considerato come eccessivo e, da questo punto di vista, il consenso eventualmente espresso sarebbe inidoneo a giustificare un trattamento non indispensabile.

Le considerazioni dell’Autorità belga relativamente alla base giuridica applicabile alle attività di misurazione della temperatura corporea inducono inevitabilmente a svolgere qualche riflessione sulla realtà italiana. Al termine della fase di lockdown, il legislatore italiano si è espresso attraverso due provvedimenti normativi, stabilendo con il D.L. 16 maggio 2020 n. 33, all’art. 1, comma 14, che “le attività economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti dei protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in settori analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali” e ulteriormente prescrivendo, al successivo comma 15, che “il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida, regionali, o, in assenza, nazionali […] che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione delle attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza”.

In sintesi, si può concludere che le indicazioni fornite dall’Autorità Belga trovano concreta attuazione nella realtà italiana, potendosi ritenere che i protocolli anti-contagio e le prescrizioni in essi contenute, tra cui le attività volte a disciplinare le modalità di ingresso in azienda, comprendenti la rilevazione in tempo reale della temperatura corporea, siano legislativamente previsti, sia pur in virtù di una modalità sui generis, in quanto ad essi viene fatto espresso riferimento in un atto avente forza di legge e nel relativo decreto attuativo.

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