01 Mar Assegno divorzile e indagini patrimoniali della polizia tributaria.

Tra i poteri del Giudice investito del compito decidere in tema di divorzio dei coniugi vi è quello di disporre indagini patrimoniali ad opera della polizia tributaria al fine di accertare la veridicità di quanto affermato e depositato in corso di causa.

La tutela principale che il Giudice si impone è quella di garantire la parte debole, sia essa la prole ovvero l’altro coniuge.

In sede di prima udienza di comparizione, ovvero unitamente al ricorso introduttivo, alle parti è fatto obbligo di depositare documenti attestati il loro stato patrimoniale. Possono naturalmente sorgere delle contestazioni in merito alle produzioni delle parti e in questo caso il Giudice può adire la polizia tributaria al fine di compiere relativi indagini.

La dichiarazione dei redditi prodotta dalle parti di per sé non ha valore probatorio vincolante per il giudice. Essa ha carattere di semplice elemento indiziario lasciato alla discrezionale valutazione del giudice del merito che può legittimamente disattenderla fondando il proprio convincimento su altre risultanze probatorie, comprese le nozioni di comune esperienza e le presunzioni semplici.

La Suprema Corte di Cassazione in più occasioni ha precisato che il potere discrezionale del giudice “non può essere considerato come un dovere imposto sulla base della semplice contestazione delle parti in ordine alle rispettive condizioni economiche”, né può “supplire alla carenza probatoria della parte onerata”.

Il ricorso alla polizia tributaria, infatti, può solo essere utilizzato per assumere “informazioni integrative del bagaglio istruttorio già fornito”. Infatti al riguardo la Corte puntualizza che l’indagine di cui viene investita la Polizia Tributaria deve vertere su fatti precisi e circostanziati e non può assolutamente avere carattere meramente esplorativo.

 

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