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08 Gen Responsabilità medica 5 anni per la prescrizione
Legge Balduzzi: il tramonto del “contatto sociale”?.
Il dibattito in ordine alla natura della responsabilità professionale del medico è da sempre stato oggetto di diatribe tra chi ne sostiene la natura contrattuale, con conseguente applicazione dell’art. 1218 c.c., e chi invece ritiene che debba trovare applicazione l’art. 2043 c.c. (la c.d. responsabilità aquilana).
La questione è recentemente salita nuovamente alla ribalta delle dispute giuridiche in seguito alla pubblicazione della L. 189/2012 (meglio nota come Legge Balduzzi).
La giurisprudenza degli ultimi quindici anni ha infatti risolto pressoché in maniera unanime la disputa affermando la natura contrattuale della responsabilità del medico a prescindere dalla stipula o meno di un vero e proprio contratto di prestazione d’opera professionale con il paziente; ciò sulla scorta del principio del c.d. “contatto sociale”. La Suprema Corte infatti aveva reiteratamente precisato che il “contatto” che si crea nel momento in cui un soggetto (il medico) esegue una prestazione cui, a rigore, non è contrattualmente tenuto nei confronti del beneficiario (il paziente) fa sorgere in capo al primo ed in favore del secondo, obblighi giuridici di protezione di contenuto del tutto analogo rispetto a quelli che sarebbero sorti se tra le parti fosse intercorso un contratto.
Le conseguenze di tale impostazione sono alquanto onerose per il sanitario, in quanto nell’eventualità in cui il paziente ritenga di essere stato vittima di una malpractice: a) egli avrà ben 10 anni di tempo per convenire in giudizio il medico e la struttura sanitaria nella quale è stato assistito; b) il medico verrà chiamato a provare di aver diligentemente e correttamente adempiuto la propria prestazione al fine di contrastare le pretese del paziente, cui invece sarà sufficiente lamentare l’inadempimento.
Di contro, ove avesse invece avuto la meglio la teoria della responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c., non solo il paziente avrebbe avuto un termine molto più breve per proporre l’azione risarcitoria (cinque anni), ma avrebbe anche dovuto assumere l’onere di provare il preciso fondamento della propria domanda.
La questione sembrava dunque definitivamente risolta in favore del paziente, ma la Legge Balduzzi ha rimesso tutto in discussione stabilendo, all’art. 3 comma 1, che: “L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile”.
La norma ha immediatamente donato nuovo slancio ai convinti sostenitori della natura extracontrattuale della responsabilità civile medica che, a pochi mesi dalla pubblicazione della legge, hanno trovato conforto in una pronuncia del Tribunale di Enna (la n. 252/2013) secondo cui: ” il legislatore sembra (consapevolmente e non per dimenticanza) suggerire l’adesione al modello di responsabilità civile medica come disegnato anteriormente al 1999 in cui, come è noto, in assenza di contratto, il paziente poteva richiedere il danno iatrogeno esercitando l’azione aquiliana. E’ evidente che l’adesione ad un modello siffatto contribuisce a realizzare la finalità perseguita dal legislatore (contrasto alla medicina difensiva) in quanto viene alleggerito l’onere probatorio del medico e viene fatto gravare sul paziente anche l’onere (non richiesto dall’art. 1218 c.c.) di offrire dimostrazione giudiziale dell’elemento soggettivo di imputazione di responsabilità” .
Di avviso diametralmente opposto la Corte di Cassazione, che con ordinanza n. 8940 del 17.04.2014 ha ribadito la natura contrattuale della responsabilità medica gettando nuove ombre sul recente provvedimento legislativo che di certo non brilla per chiarezza.
A quanto pare tuttavia, la giurisprudenza di merito non sembra affatto particolarmente persuasa del fatto che il legislatore possa essere stato vittima di dimenticanze o imprecisioni letterali ed il Tribunale di Milano ne ha dato prova con la successiva sentenza del 17.07.2014, con la quale ha affermato la natura extracontrattuale della responsabilità del sanitario, osservando che l’inquadramento della responsabilità medica dell’ambito dell’art. 1218 c.c.: “ha indubitabilmente comportato un aumento dei casi in cui è stato possibile ravvisare una responsabilità civile del medico ospedaliero (chiamato direttamente a risarcire il danno sulla base del solo ‘contatto’ con il paziente se non riesce a provare di essere esente da responsabilità ex art. 1218 c.c.), una maggiore esposizione di tale categoria professionale al rischio di dover risarcire danni anche ingenti (con proporzionale aumento dei premi assicurativi) ed ha involontariamente finito per contribuire all’esplosione del fenomeno della ‘medicina difensiva’ come reazione al proliferare delle azioni di responsabilità promosse contro i medici”.
Rilevanti le conseguenze positive per le professioni sanitarie, in quanto:
A) se un paziente agisce nei confronti di un medico con il quale è venuto a contatto all’interno di una struttura sanitaria, ma non allega l’esistenza di un vero e proprio contratto, l’onere della prova sarà interamente a carico del paziente stesso che avrà solo 5 anni di tempo per l’esercizio dell’azione;
B) se il paziente agirà anche nei confronti della struttura sanitaria, sarà solo quest’ultima a rispondere secondo la disciplina della responsabilità contrattuale.
Se tale impostazione troverà conferma nelle future pronunce, diverrà sempre meno “conveniente” per il paziente indirizzare le proprie istanze risarcitorie nei confronti dei medici che, auspicabilmente, potranno esercitare la propria professione con maggiore serenità; mentre di contro risulterà più agevole la strada nei confronti delle strutture ospedaliere e delle case di cura nelle quali i medici si trovino ad operare.
Non si può tuttavia ancora parlare di rivoluzione, in quanto solo una decisa apertura da parte della Corte di Cassazione potrà favorire un rapido consolidamento delle posizioni espresse al Tribunale di Milano.
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