17 Mar Antifrode assicurativa: criticità dei procedimenti
Ci sono poi alcune criticità dei procedimenti che riguardano le frodi assicurative:
–Corretta individuazione della competenza territoriale dell’Autorità Giudiziaria deputata a conoscere la singola vicenda.
Trattandosi di una fattispecie astrattamente concepita dal legislatore come “disposizione a più norme” e “norma a più fattispecie”, risulta spesso equivoco il criterio da adottare per radicare correttamente la competenza.
La regola da privilegiare è senz’altro quella dettata dall’art. 8 c.p.p., secondo il quale tale competenza è determinata, in via principale, dal “locus commissi delicti”, cioè il luogo in cui il reato è stato consumato, nonché dai criteri suppletivi previsti dal successivo art. 9 c.p.p.
Tuttavia tale aspetto andrà attentamente valutato con specifico riferimento alla condotta concreta del soggetto agente.
L’erroneo radicamento della competenza è spesso, infatti, terreno fertile per eccezioni d’incompetenza territoriale in ambito processuale che, laddove accolte, ritardano notevolmente la celere definizione del processo e accentuano il temuto rischio della prescrizione.
A tal fine, è senz’altro utile tener presente gli orientamenti prevalenti della Procura Generale presso la Corte di Cassazione in materia risoluzione di conflitti di competenza, sollevati con riferimento ad ipotesi di condotte illecite ai danni degli istituti assicurativi (art. 642 c.p. e possibili altri).
Nel caso di denuncia di infortuni mai accaduti (art. 642, c. 2, c.p.), si è ritenuto che il reato si perfeziona nel momento e nel luogo in cui la denuncia perviene alla società assicuratrice, soggetto passivo del reato, la quale solo al momento della ricezione viene a conoscenza di un atto che, fino a quel momento, era nella sfera del denunciante. Ne consegue la competenza della Procura ove si trova l’ufficio cui la denuncia viene recapitata (decreto n. 2/2013).
La soluzione non cambia laddove la denuncia del falso incidente si accompagni alla falsificazione di certificati medici attestanti lesioni in realtà mai riportate (art. 476 c.p.), posto che, pur nella connessione dei delitti previsti dagli artt. 642 c.p. e 476 c.p., non conoscendosi il luogo in cui quest’ultimo, decisamente più grave, sia avvenuto, la competenza deve determinarsi in relazione al reato residuo (decreto n. 510 del 2013).
La stessa soluzione è stata adottata nel caso in cui la truffa si sostanzi nella falsa denuncia del furto dell’auto (art. 367 c.p.). In tal caso, in presenza della connessione – stante la maggiore gravità del reato sub art. 642 c.p. – si applica la regola per cui è competente la Procura ove si trova l’ufficio della impresa a cui la denuncia viene recapitata (decreto n. 324/2013)”.
Allorquando il reato previsto dall’art. 642 c.p. si accompagni alla falsificazione (art. 485 c.p.) della documentazione richiesta per la stipula di un contratto di assicurazione (si pensi agli attestati di rischio), è stato ritenuto che il reato si perfezioni nel momento e nel luogo della sottoscrizione della polizza, atteso che in tale contesto si realizzano il vantaggio ingiusto per l’assicurato ed il danno ingiusto per l’assicuratore. È quello il luogo che, pertanto, guida la determinazione della Procura competente (decreto n. 20/2013).
Non può sottacersi, tuttavia, che gli indirizzi indicati, pur rappresentando espressioni costanti e conformi del medesimo principio di diritto, sono solo un recente approdo dei magistrati della Procura Generale presso la Suprema Corte e che tale indirizzo è diametralmente opposto a quello privilegiato solo qualche anno addietro.
All’atto pratico ciò consente ampio margine per “gestire”, all’occorrenza, il principio di diritto che risulta più opportuno rispetto al caso concreto, “forzando”, se necessario, il radicamento della competenza al fine di guadagnare tempo prezioso.
Rischio archiviazione e rischio prescrizione
Il contenzioso assicurativo in ambito penale costituisce una buona porzione dell’intero carico di lavoro delle Procure italiane.
Tuttavia i reati per cui si procede sono spesso sottovalutati, con la conseguenza che l’attenzione e lo zelo delle Autorità inquirenti sono spesso scarsi e le attività investigative risultano apparentemente senza fine, incomplete, imprecise e prive di quell’approfondimento necessario allo scopo.
Il disinteresse e l’inerzia degli operatori giudiziari comportano una dilatazione ingiustificata dei tempi del procedimento d’indagine ed un’elevata ricorrenza di richieste di archiviazione da parte dei Pubblici Ministeri.
In entrambi i casi solo un intervento mirato e deciso da parte dell’avvocato antifrode può porre rimedio al dannoso atteggiamento degli inquirenti: ogni procedimento scaturito da una querela antifrode deve necessariamente essere impostato e monitorato, in modo da prevenire le distorsioni del sistema giustizia.
Solo il deposito di una querela, accuratamente dettagliata ed opportunamente documentata, potrà colmare “ab origine”, anche se in parte, le inevitabili lacune investigative ed agevolare il lavoro della Procura.
In fase d’indagine, poi, il costante controllo dello stato del procedimento e l’atteggiamento collaborativo/proattivo con l’Autorità procedente forniranno l’impulso necessario per evitare eventuali battute d’arresto.
Nonostante tutto, spesso, sarà comunque necessario sollecitare ripetutamente la conclusione delle indagini, fino ad arrivare all’estremo di richiedere l’avocazione delle stesse, per avere ragione dell’inerzia degli inquirenti.
Legittimazione attiva del responsabile antifrode
Le imprese di assicurazione, come è noto, svolgono attività antifrode delegando le funzioni ed i poteri necessari al responsabile dell’ufficio Antifrode, il quale è anche deputato alla sottoscrizione delle querele antifrode.
Il conferimento dei poteri avviene solitamente, in via preventiva, a mezzo di una procura speciale o altro atto idoneo attraverso il quale la persona giuridica delega le funzioni al RUA (Responsabile Unico Antifrode), conferendogli i poteri necessari.
Tuttavia, in alcuni casi, la genericità testuale della procura speciale rilasciata è fonte di specifiche doglianze nell’ambito del processo, che possono determinare (laddove condivise dal giudicante) la vanificazione dell’intero processo per “difetto di querela”.
Per tale motivo l’eventualità va contrastata adeguatamente, evidenziando come la questione rappresenta una mera suggestione processuale già chiarita da tempo dalla stessa Cassazione: “la procura speciale rilasciata in via preventiva da soggetto giuridico è valida se indica tutti gli elementi utili all’individuazione della volontà del mandante al momento del rilascio oggetto. Ne consegue che è necessario che il mandante precisi quantomeno per quali tipologie di reato intende che il proprio rappresentante proponga querela o in quali particolari situazioni il mandatario debba attivarsi, fatte salve le ipotesi per le quali il procuratore speciale possa esercitare il potere di querela con riguardo ad una tipologia specifica di reati desumibili dall’oggetto sociale dell’ente conferente”.
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