13 Giu Danno riflesso e alterazione del rapporto parentale

Accade di frequente nell’ambito dei sinistri stradali (ma non solo), che a seguito delle gravi lesioni e dei conseguenti postumi invalidanti patiti dalla vittima, i suoi congiunti più stretti lamentino essi stessi un danno morale attribuibile sia ad un peggioramento delle proprie condizioni di vita quotidiana, sia ad un vero e proprio deterioramento del rapporto parentale con la vittima, rispetto al periodo antecedente al fatto lesivo.

Si tratta del c.d. “danno riflesso”, pacificamente ammesso – purchè provato – dalla giurisprudenza di merito e di legittimità.

La liquidazione di tale danno non patrimoniale si presenta tutto sommato agevole allorquando le sofferenze psichiche e morali del congiunto del danneggiato, si concretizzino in un vero e proprio danno biologico, mentre può essere insidiosa in caso di solo danno morale.

In argomento, si è pronunciata negli ultimi giorni la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12470 del 18 maggio 2017. Nel caso in esame, la vittima di un sinistro stradale aveva patito lesioni talmente gravi da comprometterne irreversibilmente il carattere e la normale vita di relazione con i propri cari. Conseguentemente la moglie, stante il grave deterioramento dei rapporti affettivi, aveva richiesto in proprio favore la liquidazione del danno riflesso, domandando che venisse applicata la Tabella del Tribunale di Milano per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale in caso di decesso. La Corte di Appello aveva ritenuto non applicabili le tabelle relative alla perdita del rapporto parentale, liquidando dunque il danno secondo un criterio di equità pura.

Gli ermellini hanno censurato la scelta della Corte di Appello che si pone in contrasto con i principi di diritto già affermati, secondo i quali “Nella liquidazione del danno non patrimoniale non è consentito, in mancanza di criteri stabiliti dalla legge, il ricorso ad una liquidazione equitativa pura, non fondata su criteri obiettivi…[omissis]…dovendosi ritenere preferibile, per garantire l’adeguata valutazione del caso concreto e l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi l’adozione del criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano”. Il punto interessante dell’intera vicenda, è che la Cassazione stigmatizza il fatto che il giudice di merito non abbia spiegato per quale motivo le tabelle milanesi per la perdita del rapporto parentale non possano trovare applicazione.

Ciò, almeno implicitamente, sembrerebbe attestare che sia ben possibile per i giudici di legittimità, parametrare una grave alterazione dei rapporti affettivi con un congiunto, alla perdita totale del congiunto stesso a causa di decesso, sebbene questi sia ancora in vita.

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