21 Lug Diffamazione su Facebook: rimozione del contenuto e ambito territoriale

La diffamazione in rete continua ad essere una delle questioni giurisdizionali più discusse nelle aule non solo dei tribunali italiani, ma di tutta l’Europa.

Nel caso di specie, il Tribunale di Milano con ordinanza 17 giugno 2020, veniva chiamato a pronunciarsi su un caso di diffamazione in rete, in particolare sulla legittimità di un’ordinanza emessa dal giudice ex art. 700 c.p.c. in accoglimento del ricorso di un manager diffamato dall’ex compagna, con la quale è stato ordinato alle società resistenti Facebook Inc. e Instagram LLC di rimuovere, a livello mondiale, tutti i contenuti contestati.

In via preliminare, le società, nel reclamo avverso l’ordinanza, contestavano la competenza del giudice italiano. Con riferimento al luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto, è ormai consolidata nella giurisprudenza europea il principio della piena dicotomia tra azione ed evento, secondo cui in caso di illeciti cosiddetti complessi o a distanza, caratterizzati dalla dissociazione geografica tra il luogo del fatto e il luogo del danno, è competente, a scelta dell’attore, sia il giudice del luogo del fatto generatore del danno (teoria dell’azione) sia il giudice del luogo in cui si è verificato il danno (teoria dell’evento). La Corte di Cassazione ha ribadito come il criterio di collegamento debba essere individuato o dal fatto generatore dell’illecito, ovvero dal luogo ove si sia prodotta la lesione diretta ed immediata del bene protetto, ancorché gli effetti mediati dell’evento di danno possano diversamente propagarsi nel tempo e nello spazio.

Tanto premesso, nel caso in esame, ritiene il Giudice che l’evento illecito possa ritenersi dannoso nel momento in cui provochi la lesione concreta del bene protetto, in relazione al soggetto che per tale lesione chieda tutela. Nella specie, la detta lesione può ritenersi consumata nel luogo e nel momento in cui il soggetto leso abbia preso consapevolezza dei commenti denigratori postati sui profili Facebook e Instagram dell’ex convivente. Tale consapevolezza ha trovato concreta attuazione nel paese di origine del danneggiato. Per tali motivi, non si può escludere la sussistenza della giurisdizione dell’autorità giurisdizionale italiana.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale conclude per la manifesta illiceità dei contenuti oggetto di causa: in particolare, dall’esame della documentazione prodotta, è evidente la lesione del diritto all’onore ed alla reputazione del ricorrente mentre è da escludere, invece, la lesione del diritto al trattamento dei dati personali. Tuttavia, con riferimento all’estensione territoriale di tale rimedio, in applicazione del principio di proporzionalità, in ragione della tipologia di contenuti pubblicati, delle caratteristiche del soggetto denigrato (il quale non svolge alcun ruolo pubblico) e dell’autore delle pubblicazioni (la ex compagna del ricorrente) e delle espressioni utilizzate (che in più parti fanno riferimento a vicende dal carattere privato legate, ad esempio, alla volontà del ricorrente di non riconoscere il figlio), ritiene il Tribunale che l’ordine di rimozione sia idoneo a garantire una tutela effettiva senza necessità di estensione a tutto il mondo; le attività lavorative svolte dal ricorrente (in particolare, il ruolo di amministratore delegato in società dal rilievo internazionale, la lingua inglese in cui i post sono pubblicati ed il fatto che il figlio del ricorrente sia nato in Inghilterra) non giustificano, alla luce dei principi sopra richiamati, l’estensione territoriale a livello mondiale del predetto ordine di rimozione.

Dunque, una volta accertata la manifesta illiceità nei limiti sopra indicati, nella scelta dei rimedi ritiene il Tribunale che, per assicurare al ricorrente una tutela effettiva, debba essere privilegiato il rimedio dal carattere fortemente incisivo, quale la rimozione definitiva dei contenuti.

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.