16 Mar Diritto all’immagine: come tutelarsi?

Il diritto all’immagine rientra tra i cosiddetti diritti inviolabili della personalità da considerarsi di importanza equiparabile al diritto alla vita, all’integrità fisica, al nome e all’onore. Dunque, come si tutelano i diritti di immagine? Ci si potrebbe opporre se qualcuno dovesse pubblicare delle proprie foto online?

Attualmente, il forte utilizzo dei social network ha fatto in modo che la tutela del diritto all’immagine acquisisse una sempre maggiore rilevanza; la sfera di riservatezza di ciascun individuo è sempre più esposta ad intrusioni altrui, spesso del tutto ingiustificate o comunque non autorizzate.

In Italia, il diritto all’immagine rappresenta un’espressione del diritto alla riservatezza: tale più ampio diritto intende garantire ad ogni individuo uno spazio di riserbo in relazione alla propria vita e a quelle caratteristiche della propria personalità che non si vogliono divulgare a terzi.

In particolare, per diritto all’immagine si intende il diritto della persona al che la propria immagine non venga divulgata, esposta o pubblicata senza il proprio consenso o fuori dai casi previsti dalla Legge.

Il fondamento giuridico della tutela del diritto di immagine è preliminarmente riscontrabile nell’art. 2 della Costituzione, il quale riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’individuo sia nella sfera individuale che in quella collettiva. Oltre alla tutela costituzionale, il diritto all’immagine è disciplinato dalla legislazione ordinaria, la quale, mediante l’art. 10 cod. civ., si occupa di imporre il risarcimento dei danni e la cessazione dell’abuso da parte di chi espone o pubblica la propria immagine fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla Legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti.

A tal proposito, il diritto all’immagine è regolato, nel nostro ordinamento, dal principio del consenso. Secondo tale principio, nessuno può pubblicare, riprodurre, esporre o mettere in commercio l’immagine altrui senza il consenso della persona ritratta. I limiti entro cui deve essere contenuto il consenso posto dalla persona ritratta all’uso della propria immagine si riferiscono sia alle circostanze di tempo, di luogo e di finalità per cui il consenso è stato prestato (limiti oggettivi), sia al soggetto o ai soggetti in favore dei quali il consenso è stato rilasciato (limiti soggettivi).

Nel caso concreto, la circostanza maggiormente riscontrabile di violazione del diritto all’immagine è quella in cui qualcuno utilizzi una fotografia senza il dovuto consenso: se un giudizio fosse del tutto inevitabile, l’azione che si potrebbe avanzare dinanzi l’autorità giudiziaria è detta azione inibitoria, mediante la quale il Giudice può disporre qualsiasi provvedimento idoneo ad impedire la prosecuzione o il ripetersi dell’illecito.

Tale azione, dunque, ha come fine la cessazione del comportamento abusivo, il risarcimento del danno derivante dall’utilizzo indebito dell’immagine e consistente nel pregiudizio economico che la vittima abbia risentito dalla pubblicazione e di cui abbia fornito la prova, quanto di quello non patrimoniale, e l’eventuale ordine da parte del Giudicante, su istanza di parte, della pubblicazione della sentenza in uno o più giornali a spese della parte soccombente, il tutto sempre al fine di contribuire al ripristino dell’immagine violata.

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