18 Mag Foto in luoghi pubblici: il consenso per la pubblicazione è necessario?

La regola generale è che è lecito fotografare persone che si trovino in luoghi pubblici o aperti al pubblico, purché le foto non vengano pubblicate. In sostanza, è vietato pubblicare foto senza il consenso delle persone ritratte.

L’art. 96 della Legge sul Diritto d’Autore afferma che “il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa”. Tuttavia, nell’articolo successivo, viene eccepito che “non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico”. Dunque, secondo la Legge in esame, è possibile esporre il ritratto di altre persone se queste si trovavano ad un evento pubblico.

Eventuali problematiche sorgono nell’ambito del diritto alla riservatezza, soprattutto dopo l’entrata in vigore del ben noto GDPR. Nel nuovo regolamento europeo 2016/679, le fotografie sono incluse nel novero dei dati personali e, di fatti, esse fanno parte dei dati biometrici, definiti come “dati personali ottenuti da un trattamento tecnico specifico relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica che ne consentono o confermano l’identificazione univoca”. La foto, quindi, rientra tra i dati che consentono di identificare una persona ed è idonea ad essere tutelata per garantire la privacy di coloro ai quali si riferiscono.

Sempre in accordo al GDPR, le fotografie, in quanto dati personali, possono essere trattate solo se il soggetto ha fornito un consenso esplicito e consapevole, ad eccezione di alcuni casi particolari riguardanti, ad esempio, l’interesse pubblico, la salvaguardia del soggetto ripreso, l’utilizzo necessario in uno specifico ambito di impiego. Per l’appunto, l’art. 7 del regolamento in questione afferma che “il titolare del trattamento deve essere in grado di dimostrare che l’interessato ha prestato il proprio consenso al trattamento dei propri dati personali”. Il fotografo, nel momento in cui scatta un ritratto, diventa il titolare del trattamento del dato e, come tale, ha l’obbligo di ottenere e registrare il consenso del soggetto. Tale consenso deve essere informato, specifico, non ambiguo e liberamente concesso, non avendo alcun valore il silenzio assenso non ha alcun valore. Inoltre, il consenso deve essere comprensivo del dettaglio delle specifiche autorizzazioni che il soggetto consente al fotografo, come la pubblicazione o l’utilizzo per fini commerciali e di marketing.

In concreto, cosa accade nell’eventualità di un evento pubblico? In teoria, il fotografo è tenuto ad informare tutti gli invitati circa l’intenzione di riprendere e ottenere da ciascuno di essi il consenso, prestando attenzione a non ritrarre chi lo abbia negato: inutile dire che ciò risulterebbe altamente complicato.

Tuttavia, si può affermare che una fotografia diventa un dato biometrico solamente quando è idonea a identificare il soggetto ripreso. Di conseguenza, il fotografo potrebbe ritrarre chi ha prestato il consenso e, nel caso in cui persone che non abbiano fatto lo stesso siano accidentalmente riprese nell’inquadratura, provvedere a sfocarne i volti in modo da non renderli riconoscibili. Alla stessa maniera, nessun consenso sarà necessario nel caso in cui la persona, seppur fotografata, non sia identificabile.

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