25 Giu Il ciclista ha sempre ragione?
La risposta è no.
Sebbene si possa spesso pensare che in caso di investimento il ciclista vada immune da responsabilità, è bene evidenziare come la giurisprudenza si sia più volte espressa in senso opposto.
Ed infatti, se è vero che andare in bicicletta comporta notevoli rischi soprattutto perché la bici è un mezzo più lento e meno visibile di un’autovettura e può compiere facilmente manovre che espongono il ciclista al pericolo di essere investito è, altresì, vero che il ciclista – come del resto il pedone – nel percorrere la strada è tenuto a rispettare delle regole a e ad adottare degli accorgimenti ulteriori rispetto alle comuni norme imposte agli automobilisti.
Il Codice della strada all’art. 182 prevede specifiche norme di comportamento per i ciclisti ed all’art. 68 elenca gli equipaggiamenti obbligatori e le caratteristiche costruttive in assenza delle quali il ciclista potrà essere sanzionato.
Pertanto, in caso di incidente, andrà verificato non solo se il conducente del veicolo a motore abbia rispettato o meno le norme di circolazione stradale, ma anche se il ciclista abbia rispettato queste ulteriori regole che il Codice gli impone.
Detta verifica consentirà, conseguentemente, di attribuire la responsabilità del sinistro all’uno oppure all’altro o anche ad entrambi in concorso.
A ciò aggiungasi che, in tutti i casi in cui il ciclista riporti lesioni o muoia per effetto dello scontro, al di là della responsabilità di natura civilistica, potrà, altresì, profilarsi a carico dell’investitore il reato di lesioni colpose o quello di omicidio colposo stradale che prevede pene molto pesanti laddove quest’ultimo non riesca a dimostrare di essere esente da colpa.
Sul punto si registra una recentissima sentenza della Suprema Corte – n. 5338/2020 – con la quale gli Ermellini, riconosciuto il concorso di colpa a carico del ciclista nel verificarsi dell’evento, ha annullato l’impugnata sentenza limitatamente all’omessa valutazione sul punto ed ai soli fini della determinazione della pena, rigettando per il resto il ricorso.
Con l’impugnata pronuncia la Corte di Appello di Roma infatti, omettendo qualunque tipo di valutazione sul dedotto concorso di colpa ai fini della determinazione della pena, aveva confermato la condanna dell’imputato per aver cagionato la morte di un ciclista con colpa avendo omesso di diminuire la velocità ed arrestare il camion in prossimità di attraversamento pedonale colpendo conseguentemente la bicicletta in procinto di attraversare.
Omette, quindi, la Corte immotivatamente di valutare la condotta tenuta dal ciclista nel frangente avuto riguardo a quanto previsto dall’art. 377 del regolamento di attuazione del CDS che al comma 2 testualmente recita: “nel caso di attraversamento di carreggiate a traffico particolarmente intenso e, in generale, dove le circostanze lo richiedano, i ciclisti sono tenuti ad attraversare tenendo il veicolo a mano”.
La Cassazione, diversamente, accoglie la censura sul punto e riconosce il concorso di colpa del ciclista statuendo nei seguenti termini: “Il giudice di appello nonostante la formulazione di tale doglianza nell’atto di impugnazione, non si è soffermato sulla sussistenza o, al contrario, sulla insussistenza del concorso di colpa della (omissis) né tale lacuna può essere colmata alla luce della sentenza di primo grado, atteso che il Tribunale ha escluso, in modo contraddittorio, l’obbligo della vittima di attraversare la strada conducendo a mano la bicicletta (obbligo imposto dall’art. 377, comma 2, del regolamento del codice della strada nel caso di attraversamento di carreggiate a traffico particolarmente intenso e, in generale, dove le circostanze lo richiedano), in quanto ha escluso che vi fossero condizioni di traffico particolarmente intenso o altre circostanze che richiedessero tale precauzione, pure avendo, immediatamente prima, fatto riferimento, nel valutare la colpa dell’imputato, alla condotta negligente ed imprudente tenuta “in una strada urbana molto trafficata, in un giorno feriale e in un orario di punta“.
Di qui l’annullamento della sentenza – limitatamente alla omessa valutazione del concorso di colpa della ciclista – con rinvio sul punto a un’altra sezione della Corte d’Appello di Roma.
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