04 Feb Il decesso del danneggiato per cause etranee al fatto illecito comporta la riduzione del risarcimento dovuto agli eredi
Accade sovente che un soggetto che abbia subito lesioni a causa di un fatto illecito (ad esempio un sinistro stradale o un errore medico), deceda poi successivamente per cause del tutto estranee al fatto generatore del danno biologico.
In tal caso, si è spesso portati a ritenere, del tutto erroneamente, che gli eredi abbiano diritto a richiedere a loro volta l’integrale ristoro del danno biologico subito dal soggetto deceduto, nel medesimo ammontare che egli avrebbe percepito se fosse stato ancora in vita.
In realtà ove si verifichi tale eventualità – tra l’altro anche piuttosto frequente nella casistica giudiziaria – il danno risarcibile dovrà essere opportunamente ridotto in ragione del fatto che le tabelle per la liquidazione del danno biologico sono state formulate in base alla vita media presunta dei danneggiati.
In buona sostanza, poiché ovviamente la morte elimina l’ordinaria speranza di vita, essa deve necessariamente incidere anche sulla quantificazione monetaria del danno biologico che non potrà più essere riconosciuto nella medesima misura che avrebbe potuto pretendere il diretto danneggiato ove fosse rimasto in vita.
Tale principio, già espresso in passato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 23053 del 2009, è stato confermato dagli ermellini negli ultimi giorni con la sentenza n. 679 del 18 gennaio 2016, mediate la pronuncia del seguente principio di diritto: “Qualora, al momento della liquidazione del danno biologico, la persona offesa sia deceduta per una causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell’illecito, alla valutazione probabilistica connessa con l’ipotetica durata della vita del soggetto danneggiato va sostituita quella del concreto pregiudizio effettivamente prodottosi, cosicché l’ammontare del danno biologico che gli eredi del defunto richiedono iure successionis va calcolato non con riferimento alla durata probabile della vita del defunto, ma alla sua durata effettiva”.
Il criterio empirico da utilizzare per determinare l’ammontare del danno consiste in un’equazione tra la somma che sarebbe spettata per la durata media della vita dell’individuo statisticamente prevista ed il lasso di tempo che lo stesso abbia invece effettivamente vissuto.
Quindi, dato un valore tabellare 100 per dieci anni di vita presunta, allorquando il soggetto sopravviva invece 4 anni, il risarcimento sarà pari a 4/10 di quello che si sarebbe dovuto liquidare se fosse rimasto in vita.
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