22 Mar Il lavoratore posto in CIG può svolgere altra attività professionale.

E’ quanto affermato dalla Suprema Corte con sentenza 3116/2021 che riconosce il diritto da parte del lavoratore in CIG di svolgere una ulteriore attività purchè ne dia preventiva comunicazione alla sede provinciale dell’INPS a pena di decadenza dal trattamento di integrazione salariale.

D’altronde, come noto, il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate, tuttavia, decade dal beneficio nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede provinciale dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dello svolgimento della predetta attività.

Pertanto, con la pronuncia in esame gli Ermellini – ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello – ribadiscono il principio della parziale cumulabilità tra integrazione salariale ed altre attività remunerate con conseguente riduzione dell’integrazione salariale in proporzione ai proventi del lavoro svolto a condizione, però, che comunichi obbligatoriamente e preventivamente detta circostanza all’INPS.

Condizione questa indispensabile in quanto consente all’Inps la tempestiva verifica della compatibilità tra l’integrazione salariale e la prestazione lavorativa che il lavoratore si appresta a svolgere e che ha quale ulteriore finalità la responsabilizzazione del percipiente soprattutto nell’attuale momento storico che ha visto un progressivo “aumento a pioggia” degli interventi di tipo assistenziale.

Come noto, infatti, la cassa integrazione guadagni costituisce una forma di assicurazione sociale a mezzo della quale il legislatore vuole garantire, in presenza di particolari vicende dell’impresa, un sostegno al reddito dei lavoratori (altrimenti irrimediabilmente compromesso) al contempo, tuttavia, il legislatore vuole e deve necessariamente evitare indebiti arricchimenti a scapito delle finanze dello Stato.

Dal che ne discende l’obbligo a carico del lavoratore di tempestiva comunicazione dello svolgimento di ulteriore attività a pena di decadenza dal benificio.

Sul punto va evidenziato, altresì, come la percezione della C.I.G. da parte del lavoratore che percepisca anche altro reddito potrebbe integrare gli estremi del reato di truffa aggravata (cfr. Cass. nn. 6753 e 11186 del 1987, Cass. n. 9773 del 2009).

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