18 Nov Il nuovo volto del danno non patrimoniale: la fuga dalle tabelle milanesi e la personalizzazione dell’indennizzo.

Una nota pronuncia della Cassazione – Cass. Civ., 20 aprile 2016, n. 7766, Rel Travagliono – ci ha sostanzialmente costretti ad interrogarci sulle peculiarità del danno non patrimoniale, nonché sui criteri risarcitori tradizionalmente utilizzati per la liquidazione.

La Cassazione afferma a chiare lettere che il dolore interiore, ossia il danno esistenziale o da vita di relazione, sono “danni diversi e perciò autonomamente risarcibili” che devono trovare ristoro al di là di “sterili formalismi unificanti”.

È evidente che, sulla scorta di siffatte premesse, non può che aprirsi un varco sulle modalità alternative di liquidazione del danno non patrimoniale, non più basate sulla semplice personalizzazione del danno biologico in quanto presuppongono voci di danno distinte ed autonomamente risarcibili, anche al di fuori dei consueti criteri tabellari.

Ma, liquidare in modo automatico il “danno da sofferenza” è, però, sicuramente impossibile. E a dirlo è ancora una volta la Corte di Cassazione, nella recentissima sentenza n. 24075/2017, con la quale chiarisce che quando i danni alla persona non sono di lieve entità – e dunque quando sono fuori dal contestato ambito delle lesioni micropermanenti – il danno morale “ costituisce una voce di pregiudizio non patrimoniale, ricollegabile alla violazione di un interesse costituzionalmente tutelato, da tenere distinta dal danno biologico” e da quello esistenziale e da vita di relazione.

Considerato ciò, oltre che la duplicazione del danno va assolutamente evitata la mera applicazione di automatismi liquidatori privi di qualsiasi attinenza alla situazione concreta, di talché, chi chiede il risarcimento, deve necessariamente provare l’esigenza di adeguare il ristoro alle peculiari caratteristiche della situazione.

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.