04 Set Il verbale delle autorità fa piena prova?
Sovente accade nell’ambito dei giudizi aventi ad oggetto sinistri stradali che i verbali redatti dalle autorità intervenute in loco divengano oggetto di accese diatribe e contestazioni tra gli avvocati circa la loro interpretazione e valenza probatoria, così come spesso gli stessi si tramutino in “ago della bilancia” sul quale il Giudice procedente fonda il proprio convincimento in ordine all’accertamento dei fatti.
Ora, sebbene – come noto – il rapporto redatto dagli agenti intervenuti sul posto dopo un incidente stradale costituisce atto pubblico e, pertanto, ha valore di piena prova -ai sensi dell’art. 2700 c.c.- in ordine ai fatti accertati visivamente circa la fase statica quale risultava al momento del loro intervento, tuttavia non ci si può non domandare: quante volte i fatti riferiti dai pubblici ufficiali autori del rapporto sono stati oggetto di puntuale verifica e controllo secondo un metro sufficientemente obbiettivo avulso da una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento?!
Tale plausibile circostanza non può che far sorgere seri dubbi in ordine alla effettiva valenza probatoria delle dichiarazioni riportate a verbale che -pur essendo contenute in un atto pubblico assistito da fede privilegiata sino a querela di falso- non potrà che fare piena prova esclusivamente in relazione ai fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza e alla provenienza delle dichiarazioni, senza implicare l’intrinseca veridicità di esse o la loro rispondenza all’effettiva intenzione delle parti.
Sul punto ed a conferma e conforto di quanto detto è intervenuta di recente la Suprema Corte, Sezione VI Civile, con ordinanza del 24 maggio 2017, n. 13107 che, nel riprendere un precedente e costante orientamento, ha testualmente affermato che “i verbali redatti dai pubblici ufficiali fanno prova, ex art. 2700, cod. civ., dei fatti che il verbalizzante attesti essere avvenuti in sua presenza, o essere stati da lui compiuti, mentre le altre circostanze che egli indichi di avere accertato, per averle apprese de relato, ovvero che siano frutto di sue deduzioni, costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuirgli il valore di vero e proprio accertamento (cfr. in tal senso Corte di Cassazione 25/06/2003, n. 10128; Corte di Cassazione 7/11/2014, n. 23800).
Alla luce di questa nuova pronuncia, ci si auspica che Giudici, Avvocati e più in generale gli operatori del settore recepiscano l’orientamento interpretativo onde semplificare e uniformare la gestione del contenzioso relativo alle RCA che si presenta sempre più complesso e soggetto a molteplici e discordanti interpretazioni.
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