13 Feb Inesistenza della notifica a mezzo PEC effettuata dal praticante abilitato
Le notifiche in proprio degli avvocati e, tra queste, le notifiche a mezzo Posta Elettronica Certificata, sono state, oggetto di numerose riforme che ne hanno mutato in parte la struttura.
Per l’effetto, sono proliferate le interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali sui motivi di nullità e/o inesistenza di tali forme notificatorie.
Requisito soggettivo indispensabile è l’essere “avvocato”.
La formulazione testuale restrittiva non sembra ammettere interpretazioni estensive in favore del praticante ancorché abilitato; l’art. 3 bis, infatti, seppur dopo l’ondata di modifiche ha mantenuto l’espressa previsione del requisito soggettivo (“avvocato”) ai fini dell’eseguibilità di tale forma di notificazione, al comma 2 (“l’avvocato provvede ad estrarre copia informatica…”) ed al comma 5 (“l’avvocato redige la relazione di notificazione”).
L’art. 46, comma 1, lett. a) del D. L. n. 90 del 24 giugno 2014, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014 n. 114, modificando l’art. 1, della Legge n. 53/1994, ha i eliminato il pre-requisito dell’autorizzazione del COA di appartenenza per poter effettuare notifiche in proprio a mezzo PEC.
Viene anche abolito l’obbligo di indicare nella relata di notifica telematica l’autorizzazione del COA di appartenenza.
Pertanto, a differenza che nelle notifiche (sempre in proprio ma) cartacee effettuate dall’avvocato, non è necessaria nelle notifiche a mezzo posta certificata la preventiva autorizzazione del COA di appartenenza. Val bene ricordare che in assenza di espressa previsione, il praticante potrà RICEVERE notificazioni telematiche. Ciò premesso, i Giudici di merito e, in particolare, le giurisdizioni minori, hanno costantemente riconosciuto, contrariamente al dettato normativo, validità alla notifica pec del parte del praticante abilitato.
Invero, con ordinanza del 5 luglio 2019, n. 18047, è stato lapidariamente statuito che gli atti compiuti dal praticante abilitato al patrocinio, al di fuori dei limiti previsti, sono radicalmente inesistenti o, comunque, affetti da nullità assoluta e, come tali, non sono sanabili ai sensi dell’art. 182, secondo comma, c.p.c.
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