04 Nov La Cassazione interpreta la Legge 27/2012 sulle lesioni c.d. micropermanenti: no alle eccessive restrizioni
Tutti gli operatori del diritto che si muovono in ambito assicurativo, sanno che la legge n. 27/2012 ha comportato una netta divisione interpretativa tra gli assicuratori e i legali dei danneggiati, in merito ai criteri di risarcibilità delle lesioni minori. Ci riferiamo alle c.d. lesioni micropermanenti, ossia quelle da cui siano derivati postumi invalidanti quantificabili tra 1 9 punti di invalidità permanente.
Da una parte le Compagnie assicuratrici sostengono che secondo l’art. 32 della predetta legge, le lesioni micropermanenti debbano essere risarcite solamente allorquando esse risultino comprovate da oggettivi accertamenti medico-strumentali; dall’altro versante i danneggiati, sostengono invece che l’interpretazione debba essere meno restrittiva e comprendere anche quelle lesioni che, seppur non strumentalmente accertabili, siano tuttavia suscettibili di motivata valutazione medico-legale.
I Giudici di Pace e i Tribunali hanno spesso mostrato di aderire in prevalenza alla impostazione interpretativa dei danneggiati e ora anche la Corte di Cassazione appare del medesimo avviso. In particolare, gli ermellini con al sentenza n. 18773 del 26.09.2016 hanno osservato che “Invero, il citato comma 3-quater dell’art. 32, così come il precedente comma 3-ter, sono da leggere in correlazione alla necessità (da sempre viva in siffatto specifico ambito risarcitorio), predicata dagli artt. 138 e 139 cod. ass. (che, a tal riguardo, hanno recepito quanto già presente nel “diritto vivente”), che il danno biologico sia “suscettibile di accertamento medico-legale”, esplicando entrambe le norme (senza differenze sostanziali tra loro) i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una “obiettività” dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti).”
Esiste dunque una lesione risarcibile in tutti quei casi in cui anche in assenza di reperti visivi o strumentali, l’analisi medico-legale porta comunque a ritenere “evidente” il ricorrere di una patologia traumatica; tale evidenza non sussiste quando le mere allegazioni di soggettività e/o le prime certificazioni redatte a distanza di tempo dal sinistro, al vaglio medico-legale risultano non compatibili con quel sinistro, attestando lesioni che la violenza dell’urto, per la sua irrisorietà, non può giustificare.
Viene dunque elevata la posizione del CTU medico-legale che non deve basarsi solamente sulle risultanze strumentali (ove esistenti) ma anche sulle proprie capacità diagnostiche.
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