02 Feb La cessione del tesserino da parte del pubblico dipendente integra il reato di truffa senza possibilità di riconoscimento di attenuanti generiche

E’ quanto statuito dalla Suprema Corte con sentenza n. 22500/2020.

Gli Ermellini con la pronuncia in oggetto affermano che i pubblici dipendenti che cedono ad altri il proprio cartellino per farselo timbrare durante le loro assenze devono essere considerati responsabili del reato di truffa in quanto traggono da detta condotta un ingiusto profitto ai danni della pubblica amministrazione derivante dalla percezione della retribuzione e dei suoi accessori in relazione ad ore di lavoro non prestato.

Nel caso oggetto di esame due dipendenti di una ASL erano stati ritenuti responsabili dei reati di cui agli artt. 110, 640, commi primo e secondo n.1, c.p. e 55 quinquies D.Lgs. 165/2001, per aver ceduto il tesserino di identificazione personale ad altri lavoratori che lo timbravano al loro posto, facendo figurare la presenza sul luogo di lavoro mentre si trovavano altrove.

Avverso detta pronuncia propongono ricorso per cassazione.

I Giudici di legittimità, nel confermare la statuizione della Corte d’Appello, rigettano il ricorso dei lavoratori ritenendo che debbano rispondere del reato di truffa sia il pubblico dipendente che cede il cartellino ad un altro lavoratore per farselo timbrare, che il collega che si presta ad eseguire detta condotta senza che possa farsi luogo al riconoscimento di attenuanti generiche.

Per la sentenza, infatti, la condotta posta in essere nel caso di specie, deliberatamente volta ad ottenere un ingiusto profitto ai danni della pubblica amministrazione, non pare meritevole del riconoscimento delle attenuanti generiche che, come noto, deve essere sempre sorretto da elementi idonei a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio.

Elementi questi assenti nel caso de quo.

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.