29 Gen LA CORTE DI CASSAZIONE TORNA SUL C.D. “DANNO TANATOLOGICO” E SUL “DANNO CATASTROFALE”
Come noto agli operatori del diritto, con la sentenza n. 15350 del 22 luglio 2015 le Sezioni Unite confermarono, richiamandosi al precedente granitico orientamento, che in caso di morte immediata o che comunque avvenga a breve distanza dall’evento lesivo, non può essere invocato alcun “danno tanatologico” (da morte) trasmissibile agli eredi.
Ci si riferiva in particolare al danno da perdita della perdita della vita che, secondo una precedente sentenza della Suprema Corte (la n. 1361/2014), doveva considerarsi trasmissibile agli eredi del defunto in quanto massima lesione al bene della salute tutelato dall’art. 32 della Costituzione.
Ebbene, recentemente gli ermellini sono tornati sulla questione con la sentenza n. 21118 del 24 gennaio 2019, ribadendo quanto già stabilito dalle Sezioni Unite e fornendo una precisazione sul c.d. “danno catastrofale”, ossia quel danno che può concretizzarsi allorquando la vittima abbia percezione dell’imminente fine della propria vita
La premessa è che le espressioni “danno terminale”, “danno tanatologico”, “danno catastrofale” non corrispondono ad alcuna categoria giuridica, ma possono avere al massimo un valore descrittivo.
Se prima della morte si concretizza un danno da invalidità temporanea, esso non è altro che un danno biologico e come tale accertabile secondo gli ordinari criteri della medicina legale.
E’ poi possibile che la vittima, prima del decesso, patisca un ulteriore pregiudizio di tipo non patrimoniale e ulteriore rispetto alla invalidità temporanea, determinato dalla consapevolezza di morire.
Affinchè tale danno possa esistere, è necessario che la vittima sia cosciente ed è sufficiente che tale coscienza duri pochi minuti, infatti, “Anche una sopravvivenza di pochi minuti, infatti, può consentire alla vittima di percepire la propria fine imminente, mentre – al contrario una lunga sopravvivenza in totale stato di incoscienza non consentirebbe di affermare che la vittima abbia avuto consapevolezza della propria morte”.
In tale ipotesi tuttavia, non può darsi luogo ad alcuna presunzione e ad alcun automatismo risarcitorio, poiché si tratta di un danno non patrimoniale da accertare con gli ordinari mezzi di prova e da liquidare eventualmente in via equitativa, avuto riguardo al caso concreto.
Precisa infatti la Corte che “La circostanza, poi, che tali pregiudizi siano risarcibili solo se oggettivamente accertabili e concretamente dimostrati non solo non confligge con alcuna norma costituzionale, ma costituisce al contrario un irrinunciabile presidio del principio di legalità”.
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