23 Ago La stepchild adoption e l’interpretazione estensiva dell’art. 44 comma 1 lettera d) della L.184/1983.
Letteralmente significa: “adozione del figliastro” e consiste nella possibilità per il genitore non biologico di adottare il figlio del partner. È richiesto il consenso del bambino se di età superiore ai 14 anni o diversamente, se di età ricompresa tra i 12 e 14, comunque deve esporre la sua opinione, la quale verrà accuratamente valutata dal Tribunale dei Minorenni, organo questo che andrà poi eventualmente a disporre l’adozione.
Con l’entrata in vigore della c.d. Legge Cirinnà (L.76/2016) in Italia sono state finalmente introdotte e regolate le “unioni civili”, anche per le coppie dello stesso sesso. La norma però, a causa delle avversioni politiche, non ha disposto e disciplinato anche il legame di genitorialità con i figli che nascono all’interno della coppia omosessuale con l’ausilio di tecniche di procreazione medicalmente assistite.
Pertanto, al fine di tutelare l’interesse preminente del minore presente in questi “nuovi” nuclei familiari, la giurisprudenza, seppur in assenza di specifica normativa, ha fatto ricorso all’interpretazione estensiva dell’art. 44, comma 1 lettera d) della L.184/1983.
Il Tribunale dei Minorenni di Roma nel 2004 ha segnato un primo passo importante in questa direzione. Infatti, in considerazione del fatto che nel nostro ordinamento non vi è alcuna legge che esplicitamente sancisce e prescrive il divieto per un genitore omosessuale di richiedere l’adozione del figlio del partner, il Tribunale dei Minorenni di Roma stabilì che “considerando che l’obiettivo primario è il bene superiore del minore”, una donna potesse adottare la figlia naturale della compagna.
L’orientamento del Tribunale dei Minorenni di Roma è stato poi cristallizzato dalla Suprema Corte di cassazione con Sentenza n. 12962/2016 riconoscendo la stepchild adoption anche a coppie dello stesso sesso.
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