17 Feb La tutela dell’immagine dei beni culturali
Quando si vive in una società tecnologica ed ampiamente informatizzata come quella attuale, diventa inevitabile interrogarsi sulle nuove forme in cui i tradizionali valori umani e sociali abbiano trovato espressione.
I fondamenti e le esigenze di una società spesso non mutano, ma si manifestano con mezzi ed espressioni diversi, frutto di un costante e sempre più rapido progresso. Non si sottraggono certamente i temi dei diritti all’immagine e della tutela dei beni culturali. Di fatti, detti argomenti vengono a rivestire centrale importanza in una società sempre meno abituata a rapportarsi con una dimensione tangibile del patrimonio e dell’identità, ma, al contrario, orientata verso segni, marchi, beni immateriali e valori estetici.
Ai sensi dell’art. 10 c.c. il diritto all’immagine è un diritto della personalità tutelato dal divieto dell’abuso fatto da altri della immagine propria e dei propri congiunti. Il diritto all’immagine, visto in negativo, è la facoltà di una persona di impedire l’utilizzo e la divulgazione della propria immagine al di fuori dei casi consentiti dalla Legge, ovvero, nei casi in cui sia consentita, qualora avvenga con pregiudizio all’onore o alla reputazione.
Quanto alla definizione di beni culturali, il termine è stato utilizzato per la prima volta nella Convenzione dell’Aia del 1954 dedicata alla protezione dei beni culturali in caso di conflitto. Ad oggi, per la definizione di beni culturali, occorre far riferimento agli artt. 2 e 10 del D.Lgs. n. 42 del 2004, il Codice dei Beni Culturali (CBC). L’art. 2, al comma 1, prevede che il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici, mentre, al comma 2, precisa che sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla Legge o in base alla Legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.
Appare, dunque, come il concetto codicistico di bene culturale sia saldamente ancorato al concetto di res, ad una visione dominicale, proprietaria, del bene. Quindi, immagine e bene culturale apparirebbero due mondi apparentemente incomunicabili. Tuttavia, il quadro dottrinale e giurisprudenziale intorno alla lettera legislativa si è, nel tempo, rivelato tutt’altro che statico.
La pronuncia n. 18218 dell’11/08/2009 della Corte di Cassazione costituisce un importante punto di svolta nel riconoscimento del diritto al risarcimento del danno all’immagine dei beni. La Suprema Corte, nel riformare la decisione di rigetto della domanda dei giudici di merito, muove da una constatazione di tipo fattuale: la notorietà di alcuni beni comporta la possibilità dello sfruttamento economico della loro immagine. È stato così affermato il principio che la tutela civilistica del nome e dell’immagine, ai sensi degli art. 6, 7 e 10 c.c., è invocabile non solo dalle persone fisiche, ma anche da quelle giuridiche e dai soggetti diversi dalle persone fisiche e che, nel caso di indebita utilizzazione della denominazione e dell’immagine di un bene, la tutela spetti al titolare del diritto di sfruttamento economico dello stesso.
Inoltre, la Suprema Corte ha precisato che, in tema di contratti c.d. di sponsorizzazione, la tutela dei diritti all’immagine ed alla denominazione del bene risulterebbe pregiudicata qualora si consentisse a chiunque di appropriarsene a scopi pubblicitari, senza ottenere il consenso dei titolari e senza pagare le dovute royalties. Si è ritenuto, dunque, che il danno, patrimoniale e non, causato da tale comportamento illecito è da risarcire, ai sensi degli art. 2043 e 2059 c.c., sotto il profilo sia del c.d. annacquamento della denominazione e dello svilimento dell’immagine del bene, ove soggetta a diffusione non controllata, sia del pregiudizio economico per il mancato esborso del prezzo, che comunemente è dovuto per campagne pubblicitarie similari.
Pertanto, la Cassazione, nel riconoscere la sussistenza di un diritto sull’immagine e sul nome di un bene, ci fa assistere ad un procedimento di astrazione: riconosce, invero, autonoma valenza giuridica all’immagine in sé, indipendentemente se promani da un bene o da una persona, che assurge così a bene giuridico ritenuto meritevole di tutela.
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