13 Nov Le tabelle di Milano: unico parametro
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20895 del 15 ottobre 2015, è tornata sull’argomento della liquidazione del danno non patrimoniale.
In particolare, la Suprema Corte, al fine di garantire una più adeguata personalizzazione del danno e, conseguentemente, assicurare l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, ha ribadito ancora una volta che deve ritenersi preferibile il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano.
Lo scopo, come ovvio, è quello di evitare che mediante una liquidazione equitativa cd. “pura”, vengano trascurate le differenti variabili del caso concreto, senza alcun riferimento a criteri obiettivi di liquidazione del danno e quindi rendere verificabile a posteriori l’iter logico attraverso cui il giudice di merito sia pervenuto alla relativa quantificazione, e cioè se e come abbia tenuto conto della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell’entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d’animo.
Così facendo, ha osservato la Suprema Corte, si garantirebbe una uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, evitando che si proceda alla liquidazione di un danno in misura diversa per la sola ragione di essere stati giudicati da un diverso Tribunale.
E’ evidente, quindi, così come ha ritenuto la Suprema Corte con la pronuncia in parola, che sarà illegittima la liquidazione del danno non patrimoniale che faccia riferimento al criterio equitativo puro, svincolato da qualsiasi parametro di riferimento ai fini della quantificazione, in quanto, si tradurrebbe, come ovvio, in una quantificazione arbitraria ed immotivata
La Corte di Cassazione già dal 2011 in poi, aveva riconosciuto dette Tabelle, anche in applicazione dell’art. 3 Cost., quale parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 cod. civ.
Ma attenzione! Ci si potrà comunque discostare dai parametri di dette tabelle se sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l’abbandono.
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