31 Mag Mobbing del dipendente: Responsabilità del datore di Lavoro.
E’ quanto di recente statuito nella Sentenza della Corte di Cassazione n. 27913/2020 con la quale gli Ermellini hanno precisato che è responsabile in tali casi il datore di lavoro per non aver protetto la serenità del lavoratore dagli atteggiamenti discriminatori e vessatori dei Colleghi.
In altri termini, rivolgersi ad un Collega con termini offensivi ovvero con accusa infondate e non veritiere configura certamente un caso di mobbing ed il datore di lavoro, diretto responsabile, non è certamente esente da censure.
Egli infatti, precisa la Corte, è tenuto a garantire un ambiente sereno e tranquillo nell’ambito lavorativo anche al fine di scongiurare detti episodi: “nel caso in esame, sebbene il datore di lavoro non si sia reso protagonista diretto delle condotte vessatorie subite dalla lavoratrice, tuttavia lo stesso non può andare esente da responsabilità rispetto ai propri obblighi di tutela previsti dall’art. 2087 c.c.”.
Con ciò sostanzialmente confermando il ruolo di garante che spetta al datore di lavoro.
La mancata predisposizione di tutti i dispositivi atti a tutelare la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro viola, infatti, l’art. 32 Cost. che garantisce il diritto alla salute, e l’art. 2087 c.c. che prevede un obbligo del datore di lavoro di predisporre anche le “misure atte a preservare i lavoratori dalla lesione di quella integrità (morale)”.
Tale interpretazione estensiva della citata norma del codice civile si giustifica, conclude la Cassazione, alla stregua dell’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, sia in base al rilievo costituzionale del diritto alla salute sia per il principio di correttezza e buona fede nell’attuazione del rapporto obbligatorio sia, infine, “pur se nell’ambito della generica responsabilità extracontrattuale”, ex art. 2043 c.c., in tema di neminem laedere.
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