Non ha sempre torto il conducente in stato di ebbrezza

02 Dic Non ha sempre torto il conducente in stato di ebbrezza

Cassazione Civile n. 22238 del 20 ottobre 2014

Non è infrequente nella quotidianità imbattersi in notizie relative a sinistra stradali, anche gravissimi, nei quali risulti che uno dei soggetti coinvolti guidava il proprio veicolo in stato di ebbrezza alcolica.

Si tratta di condotta socialmente e giuridicamente grave che implica conseguenze sanzionatorie anche in sede penale; tuttavia, non sempre la sanzione “personale” applicata nei confronti del conducente ubriaco, produce l’effetto di far ritenere il medesimo, in sede civile, responsabile esclusivo nella produzione dell’occorso.

Ciò in quanto, allorchè si verifichi un sinistro stradale, è necessario comunque verificare, ai fini dell’accertamento delle responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti, se lo stato di ebbrezza alcolica sia stata causa efficiente o comunque determinante dell’evento, o se invece essa non abbia influito sulle modalità di accadimento che, presumibilmente, sarebbero state le medesime anche nel caso in cui entrambi i conducenti fossero stati perfettamente sobri.

Al riguardo la Corte di Cassazione ha osservato nel 2013 che “la circostanza che il conducente di un veicolo coinvolto in un sinistro stradale avesse, al momento del fatto, un tasso alcolemico superiore a quello massimo consentito dalla legge costituisce una presunzione iuris tantum della sua responsabilità nella causazione dell’evento, che può essere superata attraverso la prova concreta che il sinistro non sia stato causato dallo stato di ebbrezza del conducente”. (Cass., 14 marzo 2013, n. 6548).
Quindi il superamento del tasso alcolemico di soglia, non legittima affatto il ricorso a schemi presuntivi di alcun genere nell’indagine sulle cause di un incidente, posto che il carattere indiziante del superamento del tasso soglia può essere completamente svalutato nel concorso di altri fattori indicativi della sua sostanziale inoffensività.

Ebbene, la Suprema Corte è recentemente tornata in argomento confermando tale impostazione con la sentenza n. 22238 del 20 ottobre 2014.
La pronuncia riguarda il caso in cui un soggetto in stato di ebbrezza, alla guida del proprio veicolo, andava ad urtare violentemente un’altra autovettura che si stava immettendo nella circolazione provenendo da un’area di parcheggio senza concedere la precedenza dovuta ai veicoli sopraggiungenti.
Ebbene, secondo la Corte, per quanto non si possa negare la valenza penalistica (o, comunque, di tipo sanzionatorio, anche sul piano amministrativo) dello stato di ebbrezza, bisogna tuttavia contestualizzare la condotta di guida tenuta in quel determinato stato.

Nel caso di specie le condizioni pisco-fisiche determinate dall’ubriachezza non avevano affatto influito causalmente sulla determinazione del predetto incidente, giacché – a fronte di una manovra improvvisa ed imprevedibile di immissione del veicolo antagonista da un parcheggio privato su una strada statale ad intensa percorrenza – il conducente in stato di ebbrezza era stato in grado di percepire il pericolo e attuare repentinamente una frenata del proprio automezzo, seppur inutilmente.

Viene dunque confermato che in sede di processo civile, il Giudice deve accertare se in concreto la guida in stato di ebbrezza sia stata la causa del sinistro o se invece l’evento si sarebbe in ogni caso verificato a prescindere dallo stato di alterazione psicofisica di uno dei conducenti.

Ancora una volta quindi emerge la netta differenziazione esistente tra il processo civile e quello penale in ordine all’esame del medesimo fatto, con la spiccata propensione del processo civile ad evitare attribuzioni di responsabilità aprioristiche e prive di riscontro oggettivo.

No Comments

Post A Comment