07 Apr Nuova normativa “Sepa” e contrasto delle truffe assicurative con carte ricaricabili

Come è noto, a seguito dell’entrata in vigore della nuova normativa “SEPA”, il codice IBAN è diventato una sorta di “impronta digitale” dei conti correnti bancari, che rende certo il buon fine dei bonifici anche nel caso in cui il beneficiario indicato sia diverso dall’effettivo titolare del conto corrente.

Ciò evita errori nei pagamenti, purchè l’IBAN indicato sia esatto. Tuttavia è pur vero che è stato registrato un vero e proprio proliferare di truffe assicurative mediante l’incasso di indennizzi e risarcimenti su “carte ricaricabili”. Il contrasto del fenomeno non è affatto semplice.

In verità, l’unica possibilità di accedere con certezza alle informazioni circa l’effettivo beneficiario, stante l’evidente possibilità e facilità di contraffazione anche per quanto concerne eventuale documentazione contrattuale bancaria, è quella di chiedere un accesso diretto agli istituti di credito/gestori delle ricaricabili. Il problema è che, in tal caso, gli istituti di credito possono opporre la normativa a tutela della privacy e dunque potrebbero rifiutare di fornire informazioni. Tanto è vero che, di norma, un simile scambio, avviene da istituto a istituto e non su accesso diretto di un soggetto terzo.

Purtuttavia, potrebbe innescarsi una procedura virtuosa per lo scambio di informazioni anche con l’istituto assicuratore che potrebbe chiedere alla propria banca di riferimento, di intercedere presso gli altri istituti bancari, al fine di acquisire in via riservata le informazioni necessarie.

Inoltre, si potrebbe richiedere in via del tutto generica al soggetto beneficiario l’esibizione della documentazione attestante la titolarità del conto corrente, richiamandosi agli obblighi generali di buona fede reciproca ai sensi dell’art. 1175 c.c.. Del resto, nel momento in cui le parti si accordano per la definizione di un sinistro con la relativa liquidazione del risarcimento, si dà luogo ad un negozio giuridico bilaterale che richiede la collaborazione secondo buona fede di entrambe le parti fin dalle prime fasi del rapporto obbligatorio.

La mancata adesione del presunto danneggiato alla richiesta, non sarà passibile di particolari censure o sanzioni, trattandosi per l’appunto di un generale obbligo di cooperazione e potendo il soggetto ritenere superflua la richiesta; tuttavia un eventuale rifiuto o silenzio potranno già rappresentare un “alert” ai fini di ulteriori verifiche.

Chiaramente, ove invece, la richiesta trovasse accoglimento, la documentazione acquisita, dovrà essere oggetto di verifica in ordine alla autenticità, giacchè in caso anomalie potrebbero concretizzarsi anche gli estremi di eventuali reati perseguibili.

 

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