16 Ott Responsabilità del medico e consenso informato: per la cassazione “carta canta”
I casi di “mala sanità” salgono spesso agli onori della cronaca con il loro fardello di drammi umani. A volte gli errori denunciati sono del tutto infondati, altre volte invece sono talmente paradossali da sembrare impossibile che il fatto sia realmente accaduto. Tipico è il caso dell’intervento chirurgico effettuato su un organo o su un arto sano.
E’ proprio ciò che è accaduto ad una donna di Roma allorquando, procuratasi una lesione ad un ginocchio a seguito di una caduta, si è vista operare entrambe le ginocchia sebbene uno fosse del tutto sano.
La signora lamentò dinanzi al Tribunale di non aver mai prestato consenso scritto all’intervento, ma il Giudice respinse la domanda giudicandola infondata, atteso che nel corso del giudizio era emerso che un consenso orale era stato prestato sebbene frettolosamente e nell’imminenza dell’intervento. Anche la Corte di Appello non ritenne fondata la doglianza della donna.
Di diverso avviso la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 19212 del 29 settembre 2015, ha affermato l’irrilevanza di un consenso fornito in forma orale dal paziente, evidenziando che le informazioni debbono essere – tranne i casi di gravissima urgenza – dettagliate e fornite per iscritto. Tale assunto si evince chiaramente dalla parte di motivazione nel quale la Suprema Corte precisa che il medico è responsabile non solo allorquando non acquisisca affatto il consenso del paziente, ma altresì quando (come nella specie), l’acquisizione avvenga secondo modalità improprie. E si badi bene, non è sufficiente la sottoscrizione di un modello generico ed impersonale, in quanto “Si è da questa Corte ad esempio ritenuto non validamente prestato un consenso ottenuto mediante la sottoposizione al paziente, ai fini della relativa sottoscrizione, di un modulo del tutto generico, non essendo in tal caso possibile desumere con certezza che il paziente abbia ricevuto le informazioni del caso in modo esaustivo”.
L’inadempimento di tale obbligo da parte del medico comporta un profilo di responsabilità che è autonomo e risarcibile a prescindere dall’esistenza di un vero e proprio errore nella somministrazione della terapia o nell’esecuzione dell’intervento.
Si tratta di due diritti distinti. L’uno, quello alla salute, è sancito dall’art. 32 Cost., l’altro – quello inerente il consenso informato – attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente, atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
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