15 Mar Smart working e diritto alla disconnessione
Dal punto di vista normativo, per diritto alla disconnessione si intende il diritto per il lavoratore di non essere costantemente reperibile, ossia la libertà di non rispondere alle comunicazioni di lavoro durante il periodo di riposo, senza che questo comprometta la sua situazione lavorativa.
Un diritto al tempo d’oggi – ove l’emergenza sanitaria in corso ha portato ad un vero e proprio utilizzo di smart working di massa – da tutelare.
Come noto, attualmente, non esiste alcuna legislazione a livello europeo benché ci siano importanti Leggi approvate nei vari Paesi, tra cui anche l’Italia.
Nel nostro Ordinamento, in particolare, questo diritto viene disciplinato per la prima volta nella Legge n. 81 del 2017, che regola il lavoro agile e le sue tutele. Il diritto alla disconnessione viene menzionato nell’articolo 19, in cui si afferma che il contratto di lavoro deve contenere “delle misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche del lavoro”.
Questo norma indica dunque, che i tempi di disconnessione vengano decisi in sede contrattuale tra il dipendente ed il datore di lavoro, ma non viene menzionata né stabilita una norma generale applicabile a tutti i lavoratori agili.
Orbene, la risoluzione approvata recentemente dal Parlamento Europeo il 21 gennaio 2021 potrebbe aprire uno spiraglio in tal senso recando invero, raccomandazioni alla Commissione UE sul diritto alla disconnessione del lavoratore in smart working, formalizzate in una vera e propria proposta di Direttiva.
Una iniziativa dunque, davvero importante e fondamentale e che potrebbe tradursi in una serie di strumenti che porteranno a tutelare maggiormente la salute e la sicurezza del lavoratore orientandoci – come sovente raccomandato da autorevoli giuslavoristi – in un’ottica di “work life balance”.
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